Cosa succederebbe se smettessimo di correre verso una meta e ci rendessimo conto che siamo già arrivati? La poesia "Ovunque" esplora questa rivelazione profonda e liberatoria. Ci dice che "Il tragitto è l'arrivo", una verità che si svela su un "binario" che abbiamo già percorso. Non è un viaggio verso un luogo, ma un risveglio a una nuova percezione della realtà, un "sussurro" interiore in cui "l'infinire emerge" e diventa tangibile.
Il cuore del testo è una radicale ridefinizione del tempo e dell'amore. In questo nuovo stato di coscienza, il tempo perde la sua linearità: si possono "centellinare millesimi / A quasi secoli", perché ogni istante contiene l'eternità. Il pensiero non è più un rimuginare ansioso, ma si manifesta in "lampi d'amore", illuminazioni improvvise che diventano l'unica vera forma di conoscenza. È un'esistenza vissuta in uno stato di grazia, dove la lotta cessa.
La conclusione della poesia è una delle più pure e mature dichiarazioni d'amore per la vita. Lo stato raggiunto è quello in cui non si può più essere feriti ("Niente più scalfire") né si deve più "in vita soffrire". Non è un'anestesia, ma una scelta consapevole: "Solo amare". E questo amore non è ingenuo; è un amore che accetta anche le "spine di rose", il dolore intrinseco all'esistenza. L'esito finale è un "rigogli" universale, una fioritura che non fa distinzioni tra "colti od incolti", perché questa pace, questo amore, si può trovare veramente "Ovunque".
Poesia:
Ovunque
Il tragitto è l'arrivo
Su un binario scorso
Così un sussurro
L'infinire emerso
Così pensare
A lampi d'amore
Centellinare millesimi
A quasi secoli
Niente più scalfire
O in vita soffrire
Solo amare
Spine di rose
Colti od incolti
Rigoglir
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