Cosa rimane dopo che un "fulmine" ci colpisce l'anima? La poesia "Flebile" esplora il percorso che segue un evento travolgente, un viaggio che non porta alla distruzione, ma a una forma inaspettata di pace. Il titolo stesso, "Flebile", contrasta potentemente con l'incipit, suggerendo che la vera forza non risiede nell'impatto, ma nella quieta accettazione che ne consegue. È il racconto di una resa che diventa liberazione.
Il testo si sviluppa come una discesa attraverso tappe simboliche. Il viaggio inizia su una "nube che abbonda", un luogo di smarrimento o di pienezza emotiva, per poi approdare a un "salice", albero tradizionalmente legato alla malinconia e alla contemplazione. Questo percorso conduce infine a un "eremo", un luogo di solitudine scelta, situato paradossalmente su una "terra gioconda". È l'immagine di chi trova il proprio isolamento pacifico pur essendo consapevole della vita che continua a fiorire intorno.
La conclusione della poesia è tanto gelida quanto serena. "Fa freddo e sono in pace" non è una contraddizione, ma la rivelazione finale: la pace non è assenza di difficoltà o di dolore (il freddo), ma la capacità di coesistere con essi senza più lottare. L'ultimo, definitivo "Addio" non è un grido di disperazione, ma un sussurro di congedo. È il sigillo posto su una vita passata, un capitolo chiuso con la consapevolezza di chi ha attraversato la tempesta e ha finalmente trovato un approdo.
Poesia:
Flebile
Al capo chino, un fulmine
Qui alla terra
Su una nube che abbonda
Arrivo ad un salice
Alla terra gioconda
Al piano un eremo
Fa freddo e sono in pace
Addio
Nessun commento:
Posta un commento