La mestizia non è un'emozione fragorosa, ma un'eco che si propaga lentamente nel tempo, un sentimento che si muove "Pian pian" e proietta la sua ombra "negli anni a venire". La poesia "Mestizia" cattura proprio questa natura persistente e silenziosa del ricordo. Non è il racconto di un trauma, ma la cronaca di come un singolo momento, apparentemente piccolo, possa diventare una presenza costante che definisce l'intero orizzonte del futuro.
Il cuore della poesia è la rivelazione dell'origine di questa malinconia: "Quel dì che era / Uno sguardo celato". Questo momento, segreto e forse fugace, agisce come una chiave che apre le porte a "sconfinati pensieri". Non è un semplice ricordo visivo, ma un evento fondativo che ha dato vita a un intero mondo interiore. È la descrizione perfetta di come un'esperienza minima possa diventare la radice di un albero di riflessioni che cresce e si espande senza fine.
La conclusione della poesia è una rivelazione tanto lucida quanto malinconica. Questi pensieri sconfinati non restano confinati nel passato, ma diventano "interpreti ai sensi", il filtro attraverso cui l'anima legge e dà significato a "un domani". Lo sguardo celato di ieri diventa la lente attraverso cui si guarda il futuro. "Mestizia" diventa così un inno alla potenza indelebile di certi istanti. Ci insegna che un singolo sguardo può diventare il colore con cui, consapevolmente o meno, dipingeremo tutti i nostri futuri.
Poesia:
Mestizia
Pian pian
E ancora sai
Lungi la mole
Negli anni a venire
Quel dì che era
Uno sguardo celato
Ad aprire
Sconfinati pensieri
Interpreti ai sensi
Un domani
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