A volte, l'ambiente che ci circonda non è solo uno sfondo, ma una forza attiva che ci penetra, ci modella e ci consuma. La poesia "UNA FACCIA DI BRONZO" è una discesa in questa simbiosi tossica. Il testo ci immerge in un'aria satura di "catrame", dove il progresso viene cancellato ("Grattano via i passi") e la corruzione si fa strada non solo "nei bronchi", ma anche "nei polmoni". È il ritratto di un mondo e di un'anima che stanno lentamente soffocando.
Il cuore della poesia è la descrizione di una metamorfosi dolorosa. La contaminazione esterna diventa la materia di cui è fatta l'interiorità. Il risultato è un "viso informe colorato dai liquami", un volto che ha perso la sua identità, la sua espressione, fino a diventare una maschera di bronzo. Questa maschera è "accollata", appesantita da un fardello, e "tiepida", priva del calore della vita. È il risultato di un "mal pianto", un dolore che non ha trovato sfogo e si è solidificato in una forma di vergogna immobile.
La conclusione è una scena di una potenza devastante. Tutto il peso, tutta la contaminazione e tutto il dolore culminano in una paralisi assoluta: "i miei immobili passi". E in questa immobilità, l'io poetico non trova pace, ma il giudizio più crudele, quello dell'innocenza: "Odo bimbe schernire". La "faccia di bronzo" non è una corazza contro il mondo, ma l'emblema di una resa, il sigillo di una condizione di impotenza così profonda da diventare oggetto di scherno. È un'istantanea brutale della vergogna e della paralisi che ne consegue.
Poesia:
UNA FACCIA DI BRONZO
Grattano via i passi
Così si sublima il catrame nell’aria
Oltremodo si decanta nei bronchi
Si dirima con lo scandirsi di campane
Si fa strada nei polmoni.
Nel viso informe colorato dai liquami
Accollato e tiepido, mal pianto
Odo bimbe schernire i miei immobili passi.
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