Vivere una "vita stretta" significa abitare uno spazio dell'anima dove i confini sembrano troppo vicini, dove ogni respiro è misurato. La poesia "UNA VITA STRETTA" è un'esplorazione intima e potente di questa condizione. Non è un lamento, ma un racconto di come l'anima si muove, danza e sopravvive all'interno di questi limiti. I primi versi ci mostrano una reazione quasi ribelle alla tristezza: un "incresparsi", un "tradire" il dolore per "volteggiare nella luce", una luce che ha una fonte precisa e salvifica: gli occhi di un'altra persona.
Il cuore del testo descrive un collasso interiore, un viaggio che dalla ricerca di sapere porta a una rivelazione di vuoto. L'atto di "incamerare il soffuso sapere" è un tentativo di riempire quello spazio stretto, ma il risultato è un'inondazione che "straripa" in un "Nulla". Segue una delle immagini più evocative e malinconiche: l'anima è come una "casa su una vecchia collina", silenziosamente "inghiottita da edere". È la rappresentazione di un io che viene lentamente, inesorabilmente, consumato da una forza esterna, perdendo i propri contorni.
Ma è proprio sull'orlo di questa sparizione che la poesia compie la sua svolta più potente e inaspettata. Gli ultimi due versi sono un atto di suprema forza e di amore assoluto. "Sigillo il pianto" non è un segno di debolezza, ma una decisione consapevole: il dolore viene contenuto, chiuso a chiave, per fare spazio a qualcosa di più importante. E dopo una pausa che contiene un universo di significati, arriva la dichiarazione finale: "E, t'amo...". L'amore non è la negazione della sofferenza, ma la ragione per sopportarla. È l'unico, immenso atto di libertà possibile in una vita stretta.
Poesia:
UNA VITA STRETTA
Mi increspo nelle note
Tradisco tristezze
Volteggio nella luce
Che circonda i tuoi occhi.
Incamero il soffuso sapere
Straripa il susseguirsi di,
Nulla.
Inghiottito da edere
Come una casa su una vecchia collina.
Sigillo il pianto
E, t’amo...
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